Le origini della dieta mediterranea

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a cura del Dottor Andrea Sbrana

Le origini della dieta mediterranea sono molto antiche. Fu riconosciuta il 16 novembre del 2010 a Nairobi dall’UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’umanità. La dieta mediterranea è uno stile di vita alimentare che offre numerosi benefici al nostro organismo. Purtroppo però, accade a volte che, un concetto, a furia di essere nominato e ripetuto più volte, perde la sua primaria nitidezza e ingloba elementi non puri. Il concetto di Dieta Mediterranea si allontana progressivamente dai modelli alimentari tradizionali di Italia, Grecia, Spagna e Marocco. Essa ha finito per designare, nell’immaginario collettivo, un regime alimentare basato soprattutto sul consumo di carboidrati raffinati. Esempi tra questi sono pane e pasta. Tale affermazione, in realtà, non risulta affatto veritiera.

Le origini della dieta mediterranea da Piroddi a Keys

Le origini della dieta mediterranea furono attribuite a Lorenzo Piroddi (1911 – 1999). Studioso ligure attivo dalla prima metà del ‘900, per curare i suoi pazienti, elaborò una prima versione della dieta mediterranea. Inizialmente essa limitava il consumo di grassi animali privilegiando quelli vegetali. In realtà, il padre vero e proprio, colui che diede visibilità internazionale a questo nuovo regime alimentare, fu il biologo e fisiologo statunitense Ancel Benjamin Keys (1904 – 2004). Keys contribuì al consolidamento dell’espressione “Dieta Mediterranea“ e diede dignità medica e scientifica a tale espressione, codificandone le caratteristiche. Keys, esperto di epidemiologia e nutrizionista alla School of Public Health dell’Università del Minnesota, studiando l’epidemiologia delle malattie cardiovascolari, giunse a formulare ipotesi sull’influenza dell’alimentazione in tali patologie. Egli riuscì ad individuare i benefici di un regime alimentare da lui stesso definito Dieta Mediterranea.

Keys e lo studio pilota in Italia

Keys diventò già famoso per l’ideazione della Razione K, razione giornaliera da combattimento individuale, introdotta negli Stati Uniti d’America nel 1942 nel corso della seconda guerra mondiale. Egli, in occasione del primo “Convegno sull’alimentazione” a Roma, nel corso dei primi anni ’50, rimase affascinato da un dato particolare. Nella regione Campania e più nello specifico nell’isola di Creta, fu evidenziata  una bassissima incidenza di patologie cardiovascolari e di disturbi gastrointestinali. Da quel momento in poi divenne il promotore del primo studio pilota per chiarire tale mistero.

L’alimentazione povera nel sud Italia

Prese in esame la popolazione di Nicotera, in Calabria, e nel 1962 si trasferì a Pioppi, villaggio di pescatori del comune di Pollica. Rimase in Cilento per 28 anni. Insieme ad alcuni collaboratori (Martti Karvonen, Flaminio e Alberto Fidanza, Jeremiah Stamler) studiò l’alimentazione della popolazione locale (“Seven Countries Study”, studio dei sette paesi). In questa maniera mise a fuoco la relazione tra alimentazione dei paesi mediterranei e statistiche sulle patologie dell’apparato cardiocircolatorio. Dalle interviste dei pazienti emerse che nei paesi del sud Italia, viste le precarie condizioni economiche della popolazione, l’alimentazione era basata su cibi poveri. Questi cibi erano principalmente cereali integrali, legumi, frutta, verdura, pesce e pochissima carne.

Mangiare bene e stare bene

Dopo aver studiato lo stile alimentare del ceto medio della popolazione campana e calabrese, cominciò a sottoporre i suoi pazienti negli USA allo stesso stile alimentare. Riscontrò una notevole riduzione di eventi mortali per patologie cardiovascolari, ma niente di paragonabile alle percentuali nell’Italia meridionale. Individuò l’elemento chiave nella qualità e nelle proprietà dei grassi impiegati, e in particolare nell’olio extravergine d’oliva.  Elesse tale estratto come uno dei nutraceutici fondamentali per la prevenzione e la cura delle patologie cardiovascolari. Insieme alla moglie Margaret, nel 1975 tradusse i suoi studi in forma divulgativa nel volume “How to eat well and stay well: the Mediterran way”. Un libro che fece epoca e che diffuse il concetto di ‘dieta mediterranea’ in tutto il mondo. E forse, a riprova che Ancel Keys non avesse tutti i torti, sta il fatto che morì a 100 anni compiuti!

Le buone abitudini della dieta mediterranea

Le origini della dieta mediterranea risalgono quindi, a quel prezioso ed antichissimo insieme di abitudini alimentari dei popoli del bacino del Mediterraneo. Sane abitudini che si sono consolidate nei secoli e sono rimaste pressoché immutate fino al boom economico degli anni ’50. Questo insieme di abitudini consiste nel consumo di:

  • pane
  • pasta
  • verdure di stagione
  • frutta fresca
  • legumi

La dieta mediterranea comprende anche un consumo moderato di pesce, carne bianca, latte e derivati e uova. Nonché un limitato consumo di carne rossa e di vino (attenzione è limitato, ma non ne è escluso il consumo). Inoltre per garantire il corretto apporto di grassi è consigliato l’uso dell’olio extravergine di oliva. Un alimento ricco di grassi di qualità superiore, meno nocivi di quelli animali, e anzi salutari per l’organismo.

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