Capire il ruolo naturale delle emozioni

Categorie

Ritrovare un’alleanza interiore con le proprie emozioni.

  • articolo a cura di Luisa Jaromila Quintavalle –

Le emozioni vogliono innanzitutto essere espresse. Dunque non represse, non sedate. Hanno una loro curva naturale per cui dopo il crescendo iniziale, tendono a dissolversi se il loro scopo viene recepito e agito. È come se le emozioni fossero la tavolozza dei colori con cui interpretiamo e dipingiamo il mondo. Servono a esperire ed esprimere la nostra relazione con noi stessi e con ciò che ci circonda. Fluttuano ad una velocità che somiglia a quella dell’acqua, perché per così dire hanno una natura un po’ liquida. Quindi possono trasformarsi velocemente. Basta poco. E questo gioca a nostro favore.

Bisogna però comprenderne lo scopo visto che ogni emozione traduce una risposta biologica sensata per la situazione in cui ci troviamo.

Per esempio, lo sconcerto mi protegge e mi blocca, la paura mi ferma, la rabbia vuole che io vada avanti e smuova una situazione o rimuova un ostacolo. Anche fisicamente porta energia alle braccia perché io possa fare qualcosa. La tristezza vuole che io prenda contatto con la mia intimità e mi arrenda, lasciando andare, prendendo atto della perdita. Tende quindi a creare anche rilascio muscolare. La gioia vuole spronarmi a condividere, farmi tuffare nel mondo. È il corrispettivo, complementare e contrario, alla tristezza. Cerca di farmi andare fuori e mi invita al contatto con gli altri. Mi rende tonica. La noia invita a trovare stimoli nuovi, a seguirli, perché evidentemente ci siamo arenati. Fisicamente mi abbatte e fa sentire inerte. L’allerta mi fa strabuzzare gli occhi e tende i miei muscoli perché io sia pronto a scattare. Vuole che io noti ogni possibile dettaglio di ciò che mi circonda, perché potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte in un ragionamento biologico di sopravvivenza.

Non sto cercando di essere esaustiva, ma di offrire la consapevolezza che le emozioni hanno uno scopo e che servono a mantenerci in equilibrio. Nel qui ed ora della situazione in cui siamo. Necessitano però di essere prese in considerazione ed espresse. Non rimandate, non represse. Non esacerbate, sottolineando per esempio solo la prospettiva che ci spiazza, l’ostacolo o il problema.

Le emozioni sono la tavolozza di colori della nostra vita. Lo spettro di colori con cui viviamo le nostre esperienze.

Le emozioni vanno vissute, vale a dire espresse e subito dopo agite. La loro natura è quella di richiedere un’azione. E-mozioni. Reclamano un moto. È il loro scopo. Nel presente l’indicazione che offrono deve essere agita. A livello del vissuto basta non sfuggirgli. Viverle. Invece di fare finta di niente, cercando di non sentirle.

E-MOZIONI = ESPRIMERLE + AGIRLE

Una volta data espressione e ascolto all’impulso emotivo, questi è pronto per essere trasformato e confluire in un’attività. Essere semplicemente agito. C’è una sorta di iperbole con un inizio, una crescita e una fine che porta a un’azione concreta. Questo era se non altro l’intento in natura.

Poiché la nostra cultura ci ha invece insegnato a reprimerle, ognuno di noi, chi più chi meno ha un bagaglio emozionale irrisolto – vedi l’articolo precedente sul FastReset – che è pronto ad attaccarsi e aggravare qualsiasi emozione in corso. Ma il fatto di poter spostare l’attenzione dal dominio del sentire al dominio del fare consente di dare comunque sfogo allo scopo biologico dell’impulso emozionale.

Per esempio, consideriamo il pianto come la culminazione e il rilascio della tristezza, l’azione cui essa indicava. Che cosa ci offre il pianto? Sollievo. Così ogni azione appropriata allo scopo dell’emozione offrirà sollievo. Bisogna solo capire il criterio naturale e collegarsi senza timore alla propria intimità per individuarlo. Il sollievo apportato dal pianto, che è culmine e azione della tristezza, porta una nuova prospettiva e un senso di chiarezza.

Qualunque iniziativa appropriata si faccia seguire all’espressione di un’emozione soddisfa lo scopo dell’emozione stessa offrendo un senso di compimento. Creando in noi una sorta di radura e di schiarita che consente di vedere le cose sotto un’altra luce e fa spontaneamente insorgere nuove possibilità, prospettive e ispirazioni. Un nuovo punto di vista.

Ma quante volte invece, volgiamo l’attenzione altrove e ci tappiamo le orecchie per non sentire quel che stiamo provando, quello che il corpo ci sta dicendo nel suo linguaggio emotivo? Siamo completamente condizionati a ignorare gli impulsi interni e a fingere che no… non è niente. È questo atteggiamento che va innanzitutto deprogrammato nel quotidiano. Prendendo coscienza del significato e del suggerimento che ogni emozione ci sta offrendo: la necessità di prestare attenzione a qualcosa d’interno o esterno che va rivalutato. Messo a fuoco.

RIMETTERE A FUOCO LA SITUAZIONE

Forse in definitiva è proprio questo l’obiettivo e il risultato comune di tutte le emozioni. Indurci ad un agire che ci sposti anche nella nostra prospettiva, facendoci vedere la situazione in cui siamo da un’angolazione diversa. Facendoci cogliere dettagli diversi della realtà che ci circonda. Una prospettiva che includa per es. la possibilità di un pericolo, se di colpo vengo agghiacciato dalla paura in un bosco o il bisogno di una novità, se sono atterrato dalla noia sul divano. In entrambi i casi devo far ricorso all’attenzione ricollegandomi all’ambiente esterno per rivalutarlo e capire se c’è qualche fattore che non avevo visto o considerato. Un orso dietro l’albero o un nuovo libro sullo scaffale.
Viste così – fuori dal contesto convenzionale, ma anche da quello patologico – le emozioni sono indicatori della necessità di un upgrade: un aggiornamento al momento presente in stretta relazione con ciò che ci circonda.

NECESSITÀ DI UN UPDATE/UPGRADE = EMOZIONE

Le emozioni sono dunque indicatori della necessità di ricollegarsi all’ambiente esterno e riconsiderare ciò che accade da un altro punto di vista… sta a noi capire quale. E poiché sono comunque uno strumento naturale, con un po’ di allenamento, è possibile ritornare a usarle correttamente.

In natura quando una funzione non è utilizzata si atrofizza, quando è fraintesa si distorce.
A livello di società abbiamo represso e soppresso l’espressione emotiva deviandone la spontaneità e l’accuratezza, sia a livello collettivo che individuale. Con la debita centratura, dobbiamo dunque poterci disfare dei nostri pregiudizi al riguardo e accettare le emozioni per quello che sono. Coglierne la natura e il messaggio.

Viverle come compagne di viaggio molto più intuitive e veloci di noi, legate strettamente all’ambiente e alla comprensione di ciò che ci avvolge, oltre il livello di soglia della nostra consapevolezza e attenzione. Compagne di viaggio privilegiate che ci stanno indicando una soluzione, la necessità di un salto prospettico da tradurre al più presto in azione.

Ma come capire qual è lo scopo cui allude un’emozione?
Di solito è evidente, posto che si abbia anche una sorta di onestà nel saper guardare. È la prima cosa che ci viene in mente. Posto che il bagaglio emozionale non sia saturo, cioè in totale controllo del nostro mondo psichico. Ma questo accade per le emozioni così aggrovigliate da essersi rese ormai patologiche, quelle che consideriamo già un problema. Quelle che abbiamo già fissato, giudicato e definito.
Per le altre c’è ancora una libertà di una fluttuazione più gestibile. Dunque nella gestione relazionale di spazi e tempi per esempio durante la quarantena, in cui possono sorgere piccoli o grandi nervosismi, quanto detto può decisamente offrire la consapevolezza che serve per trasformare la situazione invece che sentirsene frustrati – subendola o ingigantendola.

Cosa vuole quest’emozione da me? Può essere la semplice frase che a livello basico può dare indicazioni. Va però chiesta in uno stato di centratura e di ascolto – cioè onestà – per poterci dare risposte soddisfacenti. Indicazioni che sappiano individuare come arrivare all’azione corretta.

Ma cosa succede se io voglio proprio fare una cosa che non posso fare?
Voglio uccidere mia madre che passa l’aspirapolvere incurante del mio bisogno di concentrazione. Posso tirare un pugno sul cuscino e poi dirglielo. Molto probabilmente il tono della mia voce sarà meno stridulo. Ma dipende anche da quante volte ho tappato quello stesso nervosismo dentro di me, inghiottendo invece di esprimere ed agire. Dipende se cerco la pace o la guerra. In ogni caso mi sono messa le cuffie. Dice che le servono solo 5 minuti, così nel frattempo sto tranquilla.
Voglio uscire, ma sono in quarantena. Questo può farmi infuriare, rattristare, annoiare a seconda dei momenti. Il bambino del video voleva andare a trovare suo nonno. E veniva messo di fronte all’impossibilità di poterlo fare. Più e più volte. Questo esasperava la situazione senza risolverla. E dunque cosa fare?

SUBLIMARE.

Siamo essere creativi dotati di immaginazione e viviamo comunque il 90% del nostro tempo in una qualche finzione narrativa. Tanto vale approfittarne per portare concordia.

Se il bambino non può andare a trovare il nonno, può però fargli una telefonata, fare un disegno che descriva il momento in cui si incontreranno. O una recita in cui il papà o la mamma fanno finta di essere il nonno e lui li abbraccia. Oppure parlandone, salta fuori che voleva andare dal nonno solo perché la strada per andare da lui passa attraverso i giardini. Proveremo allora a ricreare in casa un parco giochi, probabilmente ha semplicemente bisogno di sfogarsi e di muoversi.

Che ognuno si inventi quello che vuole, ma l’idea è proprio questa: agire lo stimolo che attraverso l’emozione l’organismo sta indicando come necessario all’equilibrio e ad un’adeguata relazione con l’ambiente. Non ignorarlo, voltandosi dall’altra parte come siamo stati educati a fare. Distraendosi, pensando ad altro, divergendo l’attenzione. Al contrario, basta un piccolo gesto che dia voce e sfogo al nostro impulso emotivo per tirarlo fuori così che possa compiersi – esprimersi – senza essere soffocato e messo a tacere. Poiché tutto ciò che reprimiamo resta nel corpo e prima o poi troverà altri modi per fare sentire la sua voce.

NEWSLETTER !

Iscriviti.
Non perdere aggiornamenti, eventi, eBooks, nuovi programmi, seminari, convenzioni e tanto altro.

    altri contenuti